Gesualdo Bufalino
Appuntamento presso un bunker abbandonato
da Gesualdo Bufalino, L’amaro miele, Torino, Einaudi, 1982
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Opera pittorica:
Edgar Caracristi ©
Gabriel Fauré Pavane op.50
Alessandro Molinaro, flauto
Gian Paolo Lopresti, chitarra
...............................................................
Io ti dico parole imparate a memoria:
le ascolti appena, frastornata dalla pioggia
che cade sul bunker di Punta Scalambra
e annunzia lungamente un altro addio.
Com’è lontano il mare, a guardarlo da qui,
da questi strombi sbreccati e inermi,
come lontana anche tu, e cangiata da ieri…
Per rivederti devo chiudere gli occhi.
Devo chiudere gli occhi per rivedere i tuoi,
invaghiti e ridenti, per risentire il fatuo
minuetto tra i tuoi capelli,
i chiusi trambusti del cuore.
Cosí dunque ci gioca il tempo e ci convince:
basta una raffica sbieca, un giornale che voli,
stremata procellaria, sul dirotto frangente;
quel cencio d’alga che ripugna fra le dita…
poco basta per dirci che l’estate è già morta,
gioventù menzognera dell’anno,
e che di noi, di lei non rimane che un solo
cieco pugno di polvere e di pioggia.
Anch’io, come un maltempo, sopra i tuoi giorni d’oro
recato non ho che deformi
relitti e presagi di fine
e qualche lamentosa fuggitiva pietà.
Un regalo di morte che butterai domani,
questo di me ti lascio, e null’altro, perdonami:
non potevo di più, io non so camminare
che a braccio d’un fantasma, oppure solo.
Ora lo sai, lo vedi: che servirebbe torcersi
le mani, piangere, stampare in un libro
che siamo stati felici, che un altr’anno
incontrandoci qui sorrideremo?
Lasciami allora andare solo incontro alla notte.
Tu resta a guardare la striscia di sole che torna,
l’airone sul grigio cemento lavato
che s’asciuga le vecchie penne.
Appuntamento presso un bunker abbandonato
da Gesualdo Bufalino, L’amaro miele, Torino, Einaudi, 1982
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Opera pittorica:
Edgar Caracristi ©
Gabriel Fauré Pavane op.50
Alessandro Molinaro, flauto
Gian Paolo Lopresti, chitarra
...............................................................
Io ti dico parole imparate a memoria:
le ascolti appena, frastornata dalla pioggia
che cade sul bunker di Punta Scalambra
e annunzia lungamente un altro addio.
Com’è lontano il mare, a guardarlo da qui,
da questi strombi sbreccati e inermi,
come lontana anche tu, e cangiata da ieri…
Per rivederti devo chiudere gli occhi.
Devo chiudere gli occhi per rivedere i tuoi,
invaghiti e ridenti, per risentire il fatuo
minuetto tra i tuoi capelli,
i chiusi trambusti del cuore.
Cosí dunque ci gioca il tempo e ci convince:
basta una raffica sbieca, un giornale che voli,
stremata procellaria, sul dirotto frangente;
quel cencio d’alga che ripugna fra le dita…
poco basta per dirci che l’estate è già morta,
gioventù menzognera dell’anno,
e che di noi, di lei non rimane che un solo
cieco pugno di polvere e di pioggia.
Anch’io, come un maltempo, sopra i tuoi giorni d’oro
recato non ho che deformi
relitti e presagi di fine
e qualche lamentosa fuggitiva pietà.
Un regalo di morte che butterai domani,
questo di me ti lascio, e null’altro, perdonami:
non potevo di più, io non so camminare
che a braccio d’un fantasma, oppure solo.
Ora lo sai, lo vedi: che servirebbe torcersi
le mani, piangere, stampare in un libro
che siamo stati felici, che un altr’anno
incontrandoci qui sorrideremo?
Lasciami allora andare solo incontro alla notte.
Tu resta a guardare la striscia di sole che torna,
l’airone sul grigio cemento lavato
che s’asciuga le vecchie penne.
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People & Blogs | Upload TimePublished on 12 Jan 2016 |
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